Partito democratico, adesso un'italia nuova
Dalla Festa pubblicato in PRIMO PIANO su www.partitodemocratico.itil 3 settembre 2008
Sì al federalismo, ma niente truffe
Gli amministratori avvertono: "Il governo parli chiaro o non ci stiamo"
“Se mi chiedete se sono favorevole al federalismo fiscale, la mia risposta è sì. Se mi chiedete se i tempi siano maturi per farlo, la mia risposta è che siamo in ritardo. Se mi chiedete se riusciremo a fare il federalismo fiscale, la mia risposta è che a queste condizioni è praticamente impossibile”. Queste parole sono del sindaco di Bologna Sergio Cofferati, che, nel corso di un dibattito tra amministratori locali tenutosi alla Festa Democratica di Firenze, a cui hanno preso parte anche il presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso, il presidente della Regione Campania Antonio Bassolino e il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, non nasconde tutte le sue perplessità riguardo alle modalità con le quali il governo ha deciso di affrontare il delicato tema del federalismo fiscale. “Il tema del federalismo sta diventando una paradossale astrazione dalla realtà. Da una parte viene sbandierato dalla destra come grande riforma dello Stato, dall’altra, avendo tolto l’Ici, l’unica tassa che garantiva l’autonomia degli enti locali, viene ucciso sul nascere. A settembre mi troverò a Bologna con 20 milioni di buco, e non è vero che la restituzione dell’Ici sia avvenuta. In queste condizioni il governo non è un interlocutore credibile”. Dello stesso avviso Mercedes Bresso, che d’altra parte rivendica la vocazione federalista sua personale e del centrosinistra in particolare. “La norma di cui stiamo discutendo non è di Calderoli, ma la nostra. Solo il centrosinistra in tutti questi anni si è mosso veramente nella direzione di una riforma federalista dello Stato”. Secondo il presidente della Regione Piemonte, il governo sta mettendo in atto, subdolamente, una sorta di truffa nei confronti dei cittadini e degli enti locali. “Prima tagliano l’Ici, poi le risorse agli enti locali, alla scuola e alla sanità, e poi si dicono pronti a introdurre il federalismo fiscale. Questo è quello che io chiamo il federalismo del piano -18, il federalismo dell’abbandono”. Secondo Bresso, il punto di partenza è quello di stabilire quali risorse vanno allo Stato e quali rimangono agli enti locali. “Una volta stabilito questo, però, passa agli amministratori locali, che gestiscono autonomamente risorse e servizi”. Insomma, il governo prima taglia risorse e poi prova a scaricare le responsabilità. “Il governo – afferma Nichi Vendola – tenta di mettere in atto un furto per conto terzi, volendo costringere le regioni allo scippo dei diritti sociali dei cittadini”. In pratica i tagli a enti locali, scuola, sanità e servizi essenziali che andrebbero a ricadere sui cittadini, con il federalismo fiscale, verrebbero imputati a regioni e comuni. “Il governo – sottolinea Cofferati – ha il dovere di spiegare quali risorse verranno meno e quindi quali servizi non verranno più garantiti ai cittadini, perché in caso contrario loro se la prenderebbero con me, non con Berlusconi”. Con tutte queste problematiche, spiega Bassolino, “più il governo si atterrà ad una elaborazione unitaria con comuni e regioni, e più si avvicinerà ad una soluzione positiva e condivisa”.D’altronde, spiega tutti e quattro gli interlocutori, “il federalismo è una grande sfida con la quale ci vogliamo misurare e che può essere una risorsa per il Paese”. Ben inteso, un federalismo che unisce e non che divide. Il tema dell’unione nazionale, particolarmente caro agli amministratori del sud, è un'altra questione aperta, anche alla luce della rischiosa deriva ‘nordista’ che la Lega sembra voler approntare alla riforma. “Il federalismo – afferma Bassolino – può essere una svolta se servisse ad unire un Paese che con il centralismo e il regionalismo è stato diviso. A patto però che vengano garantiti gli stessi diritti sociali a tutti i cittadini, a prescindere che abitino a Salerno o a Brescia”. Rincara la dose Nichi Vendola: “Noi rappresentiamo un meridione che non ha paura della modernità, ma non siamo disponibili ad una riforma su basi etniche. Non esiste materia di discussione se vengono previsti differenti sistemi scolastici, differenti sistemi sanitari o differenti diritti sociali. La patria per noi è l’unità dei diritti fondamentali dei cittadini che la abitano”. Articolo e foto di Stefano Cagelli
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mercoledì 3 settembre 2008
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