giovedì 11 settembre 2008

Mario Deaglio: IL MEZZOGIORNO STA PEGGIO, CRESCE IL DIVARIO COL NORD

Partito democratico, adesso un'italia nuovaRassegna stampa pubblicato in AREA RASSEGNA STAMPA su www.partitodemocratico.itil 11 settembre 2008
Mario Deaglio: «Il Mezzogiorno sta peggio, cresce il divario col Nord»
"Se la politica non interviene, l’Italia finirà per spaccarsi. Dal punto di vista economico, già adesso quasi non è più un sistema. Il divario tra nord e sud non è mai stato così ampio, da trent’anni a questa parte. E prima non esistevano statistiche».

È per questo che, in un contesto mondiale ed europeo piuttosto fosco, l’Italia riesce ad andare anche peggio degli altri paesi?
«Tutti i paesi hanno i propri specifici problemi strutturali, l’Italia ne ha di molto forti. Questo della spaccatura tra nord e sud è arrivato al limite».
Parla l’economista Mario Deaglio, docente di economia internazionale a Torino, che di fronte ai pessimi dati su pil e consumi prevede un pallido rimbalzo tra fine 2008 e inizio 2009.
«Briciole», comunque, le definisce. Anche in considerazione della situazione italiana, afflitta da un male che al momento nessuno pare avere intenzione di curare.
Professore, il sistema italiano non regge: che intende dire?
«Penso ai consumi, per esempio. Quelli alimentari sono abbastanza livellati, ma altri generi presentano viceversa divari abissali: penso ad internet, ai libri, all’abbandono scolastico. Le regioni del nord sono ai massimi livelli europei, quelle del sud ai minimi. Peggio del Portogallo. Un tempo il sud evadeva le tasse, però poi comprava i prodotti del nord, adesso invece compra quelli cinesi. Come dire: stanno saltando le funzioni equilibratrici del paese».
Per i prossimi mesi lei pensa a un rimbalzo. Eppure ancora l’altro giorno il commissario europeo Almunia metteva in guardia: il peggio non è ancora alle spalle, diceva.
«L’orizzone economico-finanziario resta molto perturbato, questo è certo. Però, a livello mondiale, i segnali non vanno nella direzione di un ulteriore aggravamento della situazione. Abbiamo anche significativi dati dalla Francia, che segnalano in risalita sia la produzione industriale sia le esportazioni.Per l’Europa almeno nei prossimi mesi le pressioni inflazionistiche dovrebbero essere minori: i raccolti sono andati molto bene, il che allevia le tensioni sugli alimentari, e il petrolio dall’inizio di giugno ad oggi ha perso circa un terzo del suo prezzo. È possibile, allora, che le famiglie che hanno rinviato l’acquisto di beni importanti, per esempio il cambio dell’auto, a breve ci ripensino. I consumi, insomma, potrebbero almeno parzialmente risalire. È evidente, comunque, che si parla di briciole. Come è evidente che si tratta di previsioni in assenza di ulteriori sconquassi internazionali».
Non pensa che il prezzo del petrolio potrebbe tornare a salire?
«Il prezzo giusto viaggia intorno ai 90 dollari, non più di 110. Negli ultimi mesi un certo mondo speculativo aveva scommesso sulla dichiarazione di guerra all’Iran, che non c’è stata e, essendo ormai a fine mandato, Bush non dichiarerà. Se non ci saranno altre particolari tensioni, il prezzo del greggio non riprenderà a salire».
La crisi però è ancora in atto. Il governo statunitense è appena intervenuto in salvataggio dei colossi finanziari Fannie Mae e Freddie Mac, ormai in ginocchio.
«La crisi mondiale è profonda e continuerà ad avere effetti. Quello che possiamo registrare sono solo degli intervalli, delle schiarite che non potranno dirsi definitive almeno fino all’elezione del nuovo presidente americano. Gli Usa, peraltro, hanno davanti a loro un percorso tutto in salita, anni in cui dovranno tornare ad esportare di più e anche a risparmiare di più. Penso avranno problemi per l’intera durata della prossima amministrazione».
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