AREA RASSEGNA STAMPA - Rassegna stampa
Avviso ai governanti
fonte Tito Boeri - La Repubblica Fino a un anno fa il Fondo monetario internazionale sembrava un´istituzione senza futuro. I maggiori debiti contratti negli anni precedenti dai governi (soprattutto da Argentina e Brasile) erano stati ripagati e molti paesi emergenti detenevano una quantità di riserve in valuta estera tale da rendere assai improbabile il loro ricorso a un prestatore di ultima istanza come il Fondo. In molti, dunque, non solo in Italia, decretavano la crescente irrilevanza del Fondo. La crisi globale ha riportato il Fondo al centro della scena. Ha concesso negli ultimi mesi prestiti per 40 miliardi di dollari, ha appena concluso un accordo con la Lettonia e sta negoziando consistenti prestiti a Bielorussia, El Salvador, Serbia e Turchia. Altri paesi emergenti hanno chiesto aiuto, al punto che ora sono in molti a chiedersi se il Fondo avrà risorse sufficienti per fronteggiare la crisi. Soprattutto l´istituzione nata dagli accordi di Bretton Woods si candida a svolgere il ruolo di organizzazione che fornisce assistenza tecnica al G20, coordinando gli sforzi condotti per ridurre l´entità e la durata della crisi nelle più grandi economie del mondo. La dichiarazione finale dei leader del G20 con cui si è chiuso il vertice di Washington di metà novembre demandava proprio al Fondo il compito di: "assumere un ruolo guida negli insegnamenti da trarre da questa crisi" e di "esercitare una stretta e imparziale vigilanza su tutti i paesi". È un´investitura che riconosce come il Fondo, avendo assistito i governi che hanno fronteggiato le più gravi crisi economiche nel Dopoguerra, ha il capitale umano per svolgere questo ruolo guida. È un capitale umano, purtroppo, poco valorizzato in una istituzione che è ancora troppo dipendente dal G7, che ha un board of directors non all´altezza e che sta faticosamente avviando un processo di profonda ristrutturazione al suo interno. Ieri il Fondo ha comunque mandato un messaggio forte e chiaro. Lo ha affidato ad una nota, strumento inusuale, per guadagnare tempo prezioso rispetto alle sue pubblicazioni ufficiali (gli aggiornamenti del World Economic Outlook che usciranno solo a fine gennaio). E anche il messaggio è tutt´altro che rituale per il Fondo. Chiede, infatti, ai governi del G20 di spendere molto di più in modo coordinato (per pudore si usa il termine "collettivo" più che coordinato, forse per tema di irretire i singoli governi). La ragione è che siamo di fronte a una riduzione senza precedenti della domanda mondiale e che i margini per politiche monetarie espansive sono molto ridotti. Il Fondo ritiene che i governi del G20 debbano perciò varare misure espansive che valgano almeno il 2 per cento del prodotto interno lordo del pianeta. Se questo sforzo fosse equamente ripartito, si tratterebbe del 2 per cento del pil di ogni paese, dato che il G20 raccoglie circa il 90 per cento del pil mondiale.Ma il Fondo chiede uno sforzo maggiore ai paesi, come gli Stati Uniti, in cui la pressione fiscale e la spesa sociale sono più basse perché in questi paesi operano di meno i cosiddetti "stabilizzatori automatici", quelle riduzioni di entrate e aumenti di spesa che intervengono indipendentemente dall´adozione di nuove misure, ad esempio perché aumenta la disoccupazione e si spende di più per gli ammortizzatori sociali. Anche se la nota del Fondo non lo dice, per raggiungere l´obiettivo del 2 per cento del pil mondiale basterebbe che l´Unione Europea rispettasse l´impegno a destinare l´1,5 per cento del proprio pil a pacchetti fiscali espansivi, come proposto dalla Commissione Europea.Il problema è che siamo molto al di sotto dal raggiungere questo obiettivo, soprattutto perché la più grande economia dell´Unione, la Germania, ha sin qui varato misure che non valgono più dello 0,2-0,3 per cento del suo prodotto interno lordo. Se c´è un governo che viene di fatto (la nota volutamente non fa mai nomi di singoli paesi) messo sul banco degli imputati dalla nota del Fondo, questo è l´esecutivo guidato da Angela Merkel.A paesi come l´Italia viene chiesto uno sforzo minore, in considerazione del livello del nostro debito pubblico. Ma il contributo non può certo essere negativo, come previsto della manovra di contrazione fiscale (con entrate che crescono più delle spese, come certificato dalla Commissione Bilancio della Camera) varata a fine novembre.Le implicazioni più rilevanti per il nostro paese riguardano soprattutto la qualità degli interventi. Devono essere, oltre che consistenti, "tempestivi, duraturi, sostenibili e contingenti", il che significa che non ci deve affidare a misure estemporanee e si deve lasciar intendere che si interverrà ancora, se necessario, nel caso in cui la crisi peggiorasse.È un impegno che deve essere credibile per migliorare le aspettative di famiglie e imprese, che oggi volgono al peggio come certificato proprio ieri dall´Isae. Utile sottolineare che la parte più consistente delle misure anticrisi varate dal nostro esecutivo (il bonus famiglia, la social card e i fondi in deroga per la cassa integrazione) sono per definizione una tantum. La nota del Fondo valuta anche pro e contro di misure specifiche, suffragata dall´esame di cinque grandi crisi, la Grande Depressione del 1929, la crisi dei risparmi e dei prestiti degli anni ´80 negli Stati Uniti, la grande crisi dei paesi Nordici (Finlandia, Norvegia e Svezia) degli anni 1990-94, la crisi bancaria giapponese del 1997 e, infine, la crisi di bilancia dei pagamenti della Corea intervenuta sempre nel 1997.Il principale suggerimento è quello di puntare su trasferimenti diretti alle famiglie che hanno vincoli di liquidità, come ad esempio sussidi dati a chi perde il lavoro. Questo tipo di trasferimenti, infatti, ha maggiori probabilità di tradursi in consumi aggiuntivi piuttosto che risparmi a scopo precauzionale. Si bocciano, invece, senza mezzi termini, gli interventi generalizzati a sostegno di specifici settori industriali, come pure le misure poco trasparenti di detassazione dei profitti, ad esempio attraverso un ammortamento accelerato degli investimenti.Il nostro Governo farebbe molto bene non solo ad ascoltare il messaggio del Fondo, ma anche a valorizzarlo presso gli altri leader del G20. Abbiamo tutto da guadagnarci dalla sua attuazione.
mercoledì 31 dicembre 2008
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