10 gennaio 2009 MAGAZINE - Copertina
L'illuminista del '900
5 anni fa moriva Norberto Bobbio, dopo una vita controcorrente. A 5 anni dalla morte di Norberto Bobbio e nel centenario della nascita ancora vive sono le riflessioni del filosofo della politica e del diritto che hanno accompagnato non solo la storia italiana del '900 ma un secolo, quello passato, dall'evoluzione complessa e solo apparentemene lineare. Tra i padri illustri del pensiero riformista in Italia, pensatore autentico dalla proverbiale chiarezza definitoria, Bobbio sfugge però allo schema della definizione, costantemente a cavallo tra passione civile e pensiero concettuale, tra morale e ragione. Un "illuminista pessimista", come amava definirsi, pensatore capace di coniugare il razionalismo del metodo, a lui assolutamente caro, con l'impegno critico. Un intellettuale capace anche di fare i conti con il proprio passato, di accettare quelle contraddizioni di una vita che i detrattori enfatizzano, gli estimatori dimenticano, ma che fanno parte della vita di tutti.Torinese di nascita e di mentalità, Norberto Bobbio fu giovane studente, compagno di liceo di Cesare Pavese, Leone Ginzburg e Arnoldo Foa, "diviso" come disse lui stesso "tra un convinto fascismo patriottico in famiglia e un altrettanto fermo antifascismo appreso nella scuola, con insegnanti noti antifascisti e compagni altrettanto intransigenti antifascisti". "Sono stato fascista tra i fascisti, e antifascista tra gli antifascisti" disse nel '99 a Eugenio Scalfari. Fu poi professore universitario, giovanissmo, la cui passione per lo studio e l'insegnamento lo spinsero a scrivere una lettera al Duce, in cui chiede che l'ammonizione dovuta ad un suo precedente arresto per frequentazione di ambienti antifascisti non pesasse sulla carriera accademica. Ma è sempre in quel periodo dedicato allo studio, alla lettura e all'insegnamento che Bobbio cementò amicizie durate una vita, come quella con Vittorio Foa, politico per vocazione nonchè compagno di serate in osteria.Un intellettuale spesso controcorrente, capace di indirizzare la riflessione politica verso strade nuove. Come disse Gustavo Zagrebelski Bobbio pensa e insegna a pensare per dicotomie: pubblico-privato Stato-società, libertà-giustizia, individuale-collettivo, fascismo comunismo, libertà e uguaglianza, ma come due aspetti divisi e allo stesso tempo intimamente connessi. Capace di riaprire contraddizioni che si pensavano risolte e di trovare dicotomia in ciò che appare semplice. Come nel dopoguerra quando l'impegno di Bobbio si sofferma su europeismo e pacifismo, sul superamento della contrapposizione ideologica in nome dell'indipendenza del pensiero dalla politca, seppur non della politica dal pensiero, e del dialogo tra intellettuali, compresi molti apaprtenenti all'area comunista, come Berlinguer e Togliatti. Famoso in questo senso l'incipit di "Politica e cultura", libro del 1955: "Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dubbi, non già di raccogliere certezze". Controcorrente anche quando nel 1994, dopo Tangentopoli e la fine della prima Repubblica, all'età di 85 anni, riscopriva la distinzione tra destra e sinistra, per poi andare oltre. La sinistra come costante riferimento all'uguaglianza, laddove la destra si basa sulla valorizzazione delle disuguaglianza. O quando nel 1989 si scaglia contro chi gioisce della caduta del comunismo: "O illusi! Credete proprio che la fine del comunismo storico, e insisto sullo storico, abbia posto fine al bisogno e alla sete di giustizia? La democrazia ha vinto la sfida del comunismo storico, lo ammettiamo, ma con quali mezzi e con quali ideali si dispone ad affrontare gli stessi problemi da cui era nata la sfida comunista?".Ma Norberto Bobbio fu soprattutto amante appassionato e razionale della democrazia, della libertà, della pace e dei diritti umani. Come nell'introduzione al "De Cive" di Hobbes in cui scrive "mentre la guerra è il prodotto di un'inclinazione naturale la pace è un dettame della ragione" e individua nel rispetto dei diritti umani la strada da seguire "se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere come ultima istanza alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione". Un'intellettuale aperto al dialogo, capace di superare, pur riconoscendole, contraddizione apparentemente insanabili. Dall'opera di una vita di uno dei più grandi intellettuali italiani del '900 è forse questo l'insegnamentio più prezioso del grande filosofo politico che disse: "Ho imparato a rispettare le idee altrui, ad arrestarmi davanti al segreto di ogni coscienza, a capire prima di discutere, a discutere prima di condannare. E poiché sono in vena di confessioni, ne faccio ancora una, forse supeflua: detesto i fanatici con tutta l'anima."
sabato 10 gennaio 2009
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